Intervista a
Cristiano Zanardi: “Vi racconto la storia nera di Reneuzzi”
Era il 1961 quando a Reneuzzi, un
piccolo paese di montagna situato nella Valle dei Campassi, si
verificò un terribile fatto di cronaca. Davide Bellomo, l’ultimo
abitante di quel paesino diventato ormai troppo antico per la vita
moderna (soprattutto dopo il boom economico del 1960), uccise la
cugina Maria Franco di cui era innamorato. Un gesto disperato, nato
da una storia d’amore impossibile. Una colpa insormontabile che
Davide Bellome mise a tacere sparandosi con la stessa pistola con cui
giustiziò la ragazza.
Finiva lì la storia di Reneuzzi che
veniva definitivamente abbandonata, trasformandosi in quel paese
fantasma che ancora oggi, grazie anche a questa storia nera, rimane
ricco di suggestioni e misteri. Ed è proprio su questa vicenda che
Cristiano Zanardi, scrittore ed escursionista appassionato, ha
scritto Il Paese Silenzioso un bellissimo romanzo che ci fa rivivere
le antiche tradizioni e atmosfere di un tempo. Tra gioie e dolori,
momenti felici e sogni infranti, nelle sue pagine ripercorriamo la
storia di Davide e Maria, quell’amore che faceva troppo rumore
prima di lasciare un eterno silenzio.
Come e perché è nata l’idea di
scrivere questo romanzo su Reneuzzi?
Diciamo che fondamentalmente sono
una persona molto curiosa, oltre che amante della montagna. Quindi
scoprire l’esistenza di questa storia, peraltro accaduta a pochi
passi dalle mie zone, mi ha spinto a documentarmi e poi a
rielaborarla sulla base delle versioni che ritenevo più attendibili,
in modo da creare un libro su un argomento, a mio modo di vedere,
molto interessante.
In passato avevi scritto anche altri
libri sui paesi fantasma della Valle dei Campassi. Cosa ti affascina
di più di queste zone?
La valle dei Campassi sembra un
angolo di mondo antico. Qui è rimasto tutto come un tempo ed è la
natura a farla da padrona incontrastata: non ci sono strade, non c’è
energia elettrica, non c’è acqua corrente se non quella del rio
dei Campassi, che scorre sul fondovalle. Però ci sono i resti di tre
villaggi. Qui non è arrivato il progresso e in un certo senso viene
naturale, visitandola, immaginare la vita di una volta: è innegabile
che visitarla diverse volte sia stata una notevole fonte di
ispirazione per il mio lavoro.
Per scrivere il libro hai raccolto
molte testimonianze. Com’è avvenuto il tuo percorso di ricerca?
Ho cercato di selezionare le
versioni della storia che ho ricevuto attraverso le testimonianze. Ho
indagato, chiesto informazioni a persone del posto, a conoscenti,
consultato i pochi rimasugli di cronache dell’epoca, libri
sull’argomento. Poi sono stato personalmente a Reneuzzi, più e più
volte, scoprendo ogni volta un dettaglio nuovo, un angolo nascosto,
un particolare che mi era sfuggito. Così facendo ho potuto
aggiungere alla versione che avevo scelto come quella più
attendibile, alcune vicende romanzate che ho cercato di “cucire”
in un certo senso addosso alla realtà del luogo. Non è stato
semplice, ma posso dire di essere soddisfatto del lavoro che ho
fatto. E pare che abbiano apprezzato anche i giurati del premio
letterario “Parole di terra”, che hanno giudicato la mia opera
meritevole di segnalazione.
A Reneuzzi ci si arriva attraverso
un paio di sentieri. Per chi ama l’escursionismo come te, ce li
potresti descrivere?
Si tratta, a mio modo di vedere, di
due percorsi affascinanti. In realtà, il sentiero è sempre lo
stesso (242 bianco-rosso) ma cambia il punto di partenza (Vegni,
oppure Croso): si tratta, in entrambi i casi, di luoghi di non
semplice accesso, raggiungibili con strade strette e tortuose
dell’alta val Borbera. Il sentiero con partenza da Vegni, quello
“classico”, permette di visitare la Sella dei Campassi e gli
altri due borghi fantasma della valle, Casoni e Ferrazza: è
piuttosto lungo, ma non presenta particolari dislivelli. Partendo
invece da Croso, percorso più breve, si può scendere fino al greto
del rio dei Campassi e visitare i due mulini di cui si parla nel
libro – Mulino dei Gatti e Mulino Gelato – per poi risalire, con
una stretta salita a tornanti, fino a Reneuzzi. Ovviamente
l’itinerario, con un po’ più di tempo a disposizione, può
essere percorso per intero (Vegni-Croso, o viceversa). Non consiglio
il sentiero 243, che collega Reneuzzi alla Sella Banchiera, in quanto
non adeguatamente mantenuto in ordine.
So che sei tornato più volte, e
ogni volta hai trovato qualcosa di nuovo. Come cambia il percorso e
l’esplorazione tra primavera/estate e autunno/inverno? Quando
secondo te è meglio andarci per chi è rimasto incuriosito dal tuo
romanzo? (ad esempio, la vegetazione, il panorama, la difficoltà del
sentiero,…).
In estate Reneuzzi quasi non esiste
più: una marea di ortiche, spine ed erbacce ricopre il paese
rendendolo non adatto a una visita proficua. Consiglio di visitarlo
in autunno inoltrato, inverno o all’inizio della primavera: la
scarsa vegetazione permetterà di riscoprire la conformazione
originaria del paese, apprezzarne le strade, i vicoli, i
sentieri…diciamo che chi ha letto il romanzo, in questo periodo
potrà individuare senza fatica molti dei luoghi citati. Raccomando
sempre molta attenzione, perché è elevato il rischio di farsi male:
i pavimenti sono pericolanti, i soffitti a un passo dal cedimento ed
è importante capire fino a che punto ci si può avventurare senza
mettere a repentaglio la propria incolumità.
Nel libro la natura è forse il
protagonista principale della storia. Come descriveresti l’anima di
Reneuzzi? Che sensazioni hai provato in prima persona quando ci sei
stato?
La sensazione che si prova a
Reneuzzi è quella di essere tornati indietro nel tempo, in un luogo
testimone della difficoltà della vita di quegli anni. I
terrazzamenti che ancora oggi si possono vedere raccontano meglio di
ogni altra immagine la fatica sostenuta dagli abitanti della valle
per sfruttare le scomodità della montagna utilizzandole a proprio
vantaggio. Ora la natura ha riconquistato lo spazio che l’uomo
aveva tentato di sottrarle e quello che rimane agli occhi del
visitatore è la forza impressionante con la quale riesce a farlo,
sventrando le case e aggrappandosi ai muri per trascinarli a terra in
un cumulo di macerie. La natura non dimentica ciò che era suo.
Escursionista amante della scrittura
o scrittore amante dell’escursionismo? Alla fine hai sciolto il
dubbio? Cosa ti senti maggiormente?
Ho sempre amato scrivere,
ultimamente è diventato più di un passatempo. Da quando ho iniziato
l’avventura con il sito “A un passo dalla vetta” sono
sicuramente maturato e a fronte di un crescente interesse del
pubblico di lettori ho anche cambiato i temi affrontati, provando a
cimentarmi in un romanzo e, chissà, che non ne possa arrivare presto
un altro. Ma nulla mi rende felice come camminare su un sentiero,
conoscere nuovi luoghi nascosti, sedermi sulla cima di una delle
nostre montagne a godermi il sole o l’aria frizzante. Ho bisogno
della montagna. Se mi ci allontano troppo, non riesco ad essere
felice. Quindi la soluzione non può che essere una: scrivere di
montagna!
Intervista di Giacomo Aricò
Le foto dell’articolo sono di
Cristiano Zanardi ©
Nessun commento:
Posta un commento